Documento contenente l’enunciazione dei principi fondamentali delle libertà civili e politiche dell’uomo.
I diritti di libertà e di uguaglianza giuridica furono riconosciuti, sulla scorta del giusnaturalismo, come «diritti naturali, essenziali e inalienabili», che ogni uomo porta con sé come membro di una società, nei Bills of rights proclamati tra il 1776 e il 1783 dalla Virginia, dal Maryland, dalla Carolina del Nord, dal Vermont e da altre colonie americane nel corso della guerra di indipendenza e poi trasfusi nel Bill of rights americano del 1791, apposto alla Costituzione degli Stati Uniti.
Nel frattempo essi erano stati oggetto della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, redatta dal marchese La Fayette, varata dall’Assemblea costituente francese (1789) e premessa alla Costituzione del 1791.
C’era in queste dichiarazioni una concezione universalistica della natura dei diritti, derivata dalle dottrine giusnaturalistiche, che li riteneva validi per ogni tempo e per ogni Paese in base a leggi di natura superiori alle singole istituzioni positive, e che era nuova rispetto all’antica tradizione delle chartae libertatum dell’età comunale e di quella inglese della Magna Charta libertatum, imposta dal clero e dalla nobiltà al re Giovanni Senzaterra nel 1215.
Questa riconosceva autonomie e libertà a favore di alcuni ceti e categorie di sudditi, come, sia pure con raggio di azione ben più ampio, fecero anche l’Habeas corpus act (1679) e, soprattutto, il Bill of rights (1689), accettato da Guglielmo d’Orange all’atto di ricevere la corona dal Parlamento inglese e fondante il primo ordinamento politico liberal-costituzionale della storia.
Le dichiarazioni americana e francese, entrambe derivanti da rivoluzioni violente, avevano ben altra portata, definendo il concetto dell’eguaglianza tra gli esseri umani sia in senso filosofico, sia nel senso della parità giuridica di tutti i cittadini di fronte alla legge, e i diritti attinenti alla libertà di culto, di riunione, di associazione, movimento, inviolabilità della proprietà, residenza, comunicazione ecc. come un insieme di diritti universalmente valido, per inviolabile legge naturale.
Al centro della Dichiarazione francese, inoltre, è il concetto di «sovranità popolare», che riprende la rousseauiana «volontà generale» ed esclude il diritto divino dei sovrani ma anche il dominio incontrollato dei governanti.
Nelle costituzioni successive, abbandonato l’uso di premettere dichiarazioni generali e astratte, i diritti della persona sono stati formulati in disposizioni più concrete e puntuali, tali da risultare di efficacia immediatamente percettiva, come accade nella Costituzione italiana del 1948.
Dopo la Seconda guerra mondiale, il riconoscimento e la protezione dei diritti fondamentali sono affidati soprattutto ad atti di diritto internazionale, in particolare ad alcune dichiarazioni sottoscritte dagli Stati membri della comunità internazionale, in primo luogo dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) adottata dall’Assemblea generale dell’ONU.
Anche in sede regionale sono stati creati dispositivi idonei al riconoscimento e alla tutela dei diritti umani (per es., la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, adottata a Roma nel 1950, più volte aggiornata e inserita nei nuovi trattati costitutivi dell’Unione Europea).
Nell’ambito dell’UE, i diritti umani sono stati enfatizzati nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000).